artrite reumatoide

Artrite reumatoide: una nuova scoperta.

Artrite reumatoide: la scoperta di un nuovo sottotipo di cellule T apre una nuova finestra di speranza.

Un gruppo di ricerca guidato da scienziati di Brigham and Women Hospital (BWH) ha attentamente esaminato le cellule immunitarie di pazienti con artrite reumatoide, rivelando un nuovo sottotipo di cellule T che collaborano con altre cellule immunitarie per guidare l’infiammazione verso i tessuti periferici.

Il lavoro, che è stato spinto da tecnologie che consentono l’analisi dettagliata anche di una manciata di cellule, apre una finestra critica sulla biologia della malattia e suggerisce una strategia per lo sviluppo di trattamenti più precisi e potenti. Lo studio è stato pubblicato il 1 febbraio su AOP (Advance Online Publication della rivista Nature).

“Anche se le più recenti terapie per l’ artrite reumatoide hanno contribuito a trasformare la nostra capacità di curare la malattia, rimangono sempre strumenti abbastanza grezzi – che bloccano in maniera globale e non specifica i componenti del sistema immunitario”, ha detto il primo autore Deepak Rao, che co- dirige il Centro di Immunologia umana presso BWH. “I nostri risultati aiutano ad illuminare il percorso verso trattamenti che sono molto più precisi e concentrati solo sulle più importanti cellule immunitarie.”

L’ artrite reumatoide è una malattia autoimmune in cui il sistema immunitario attacca le articolazioni, causando infiammazione, dolore, e infine distruzione dei tessuti che compongono questa parte essenziale del corpo. La malattia colpisce circa l’1 per cento della popolazione mondiale, e affligge in maniera sproporzionata le donne. Anche se non ci sono prove significative che implicano le cellule T – in particolare le loro interazioni con le cellule B che producono anticorpi – è stato chiaro che questi sottotipi di cellule T aiutano ad orchestrare le risposte immunitarie dannose che stanno alla base dell’ artrite reumatoide.

Rao e l’autore senior Michael Brenner hanno studiato campioni di pazienti in modo notevolmente dettagliato. Questo approccio di “decostruzione della malattia” è stato possibile grazie a tecnologie sofisticate, come la massa di citometria, che hanno permesso ai ricercatori di esaminare minuziosamente il sangue,i tessuti articolari e il fluido che circonda le articolazioni per isolare cellule specifiche, definite dal assortimento di molecole sulla loro superficie. Rao e i suoi colleghi hanno sfruttato anche i metodi di sequenziamento del RNA che possono caratterizzare anche un numero molto piccolo di cellule, rivelando quali geni sono stati attivati o disattivati.
Utilizzando questi e altri strumenti ad alta tecnologia, i ricercatori si sono imbattuti su una popolazione unica di cellule T che sono altamente prevalenti nelle articolazioni dei pazienti con artrite reumatoide. Queste cellule, una sorta di CD4+ oppure cellule T-Helper, rappresentano circa un quarto delle cellule T-Helper trovati nelle articolazioni dei pazienti. Ma l’abbondanza non è il loro unico attributo degno di nota.
“Queste cellule non aderiscono alla visione convenzionale delle cellule T-Helper, e ciò è veramente interessante”, ha detto Rao.

Dopo una valutazione profonda di queste particolari cellule T-Helper, Rao ed i suoi colleghi hanno scoperto che esse mostrano alcune caratteristiche biologiche insolite. Queste cellule T sono programmate per infiltrarsi in parti del corpo che sono infiammate, e stimolare le cellule B a produrre anticorpi. Gli anticorpi sono proteine specializzate che di solito riconoscono sostanze estranee e aiutano a radunare il sistema immunitario per eliminarli. Nelle malattie autoimmuni, i cosiddetti autoanticorpi invece considerano come estranei normali componenti del corpo umano e contribuiscono al danno tissutale. Lo studio pubblicato rappresenta la prima descrizione dettagliata di un tipo di cellule T con queste caratteristiche.
Per estendere i loro risultati iniziali, i ricercatori cercano di comprendere i segnali che inducono lo sviluppo di queste cellule, e se esse giocano un ruolo anche in altre malattie autoimmuni, come il lupus, la sclerosi multipla, e diabete di tipo 1. Il team del BWH sta cercando di capire se la targetizzazione di queste particolari cellule T possa promettere un trattamento per l’ artrite reumatoide.

“Questo lavoro è un notevole esempio del potere dell’ approccio di decostruzione della malattia”, ha detto Brenner, che dirige anche il Centro di Immunologia del BWH insieme a Rao. “Speriamo che si rivelerà altrettanto illuminante quando lo applicheremo ad altre malattie immuno-mediate.”

Fonte: ScienceDaily

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